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Oggi è un luogo abbandonato ma per secoli è stato uno dei centri di produzione più famosi: un luogo nascosto nelle valli di Amalfi

Costiera Amalfitana
La Valle dei Mulini – paginevesuviane.it

Un tempo rappresentava una delle zone più produttive della Campania: oggi è rinomata per la sua bellezza incontrastata.

Come non amare la Costiera Amalfitana? Il suo mare cristallino e i suoi paesaggi mozzafiato hanno conquistato negli anni milioni e milioni di visitatori, sia italiani che internazionali. Del resto, è una delle mete più visitate e conosciute del Bel Paese.

Molti però non sanno che questo luogo ha rappresentato per moltissimo tempo il motore produttivo della zona. In particolare la Valle dei Mulini è diventata famosa per aver ospitato, tra le altre cose, una fabbrica che si occupava della lavorazione del ferro.

Situata nel piccolo comune napoletano di Gragnano, la suddetta Valle appartiene ai Monti Lattari,
la nota catena montuosa dell’Antiappennino campano, che caratterizza la penisola sorrentina. Il nome Valle dei Mulini lo si deve per l’appunto alla presenza di numerosi mulini che sono stati attivi sul territorio per seicento anni. Questi ultimi sfruttavano le acqua del torrente Vernotico per produrre farina e pasta.

La storia della Valle dei Mulini

La Valle dei Mulini vanta una storia molto antica, databile al tredicesimo secolo, quando per incrementare la produzione di farina, sono stati costruiti una serie di mulini. Questa zona fu scelta soprattutto per la presenza delle acqua del torrente che scorreva nelle vicinanze, permettendo quindi di alimentarli.

Anche la vicinanza con il mare e quindi con il porto di Castellammare di Stabia ha aiutato molto, in quanto qui il grano e i suoi prodotti finiti venivano rispettivamente importati ed esportati. Per molto tempo questa attività è stata la maggiore fonte di sostentamento di Napoli e delle zone circostanti.

Valle dei Mulini
La Valle dei Mulini – paginevesuviane.it

Un luogo memorabile

L’apice dell’attività produttive da parte dei trenta mulini presenti a quel tempo sul territorio, si verificò nel diciottesimo secolo, quando si arrivò a macinare più di un milione e centomila quintali di grano all’anno.

Le cose cambiarono profondamente a partire dalla seconda metà del diciannovesimo secolo, quando cominciò a diffondersi la pasta di grano duro piuttosto che quella di grano tenero utilizzata dai mulini. Come se non bastasse poco dopo fu introdotta un’imposta che prevedeva il pagamento di una quota che si basava proprio sul numero di giri della macina. Oggigiorno della Valle dei mulini non rimane nulla se non lo “spandituro”, un edificio alto 30 metri situato nel cuore della valle, utilizzato in passato per l’asciugatura della carta.