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Maschio Angioino, ecco quale animale si nascondeva nelle segrete dell’antico castello napoletano: una leggenda spaventosa

La leggenda del Maschio Angioino – paginevesuviane.it – foto Instagram

Il celebre castello medievale di Napoli nasconde una leggenda a dir poco terrificante e ricca di mistero: scopriamola insieme.

Il Maschio Angioino è uno dei monumenti più conosciuti della Regione Campania e perfino dell’intera penisola. Si può affermare infatti che rappresenti uno dei simboli più importanti di Napoli, grazie alla sua maestosità e alla sua storia.

Per coloro che non ne fossero pienamente a conoscenza, il Maschio Angioino è uno dei Castelli più rinomati della città partenopea. Chiamato anche Castel Nuovo, l’edificio risale al tredicesimo secolo, quando Carlo I d’Angiò ne ordinò la costruzione.

Complice la sua posizione strategica, nel corso degli anni riuscì a fungere non solo da residenza reale ma anche da fortezza. Durante il regno di Roberto d’Angiò divenne addirittura un centro culturale nel quale hanno risieduto diversi artisti e letterati. Molti turisti però, oltre alla bellezza del Castello, rimangono spesso affascinati dall‘intrigante leggenda che esso nasconde.

La leggenda del Maschio Angioino

Come ogni celebre monumento che si rispetti, a prescindere dalla città o dalla Regione, anche al Maschio Angioino vengono attribuite numerose leggende ma ce n’è una che ha catturato l’immaginario degli abitanti.

La leggenda in questione è legata al coccodrillo che per secoli è rimasto esposto sull’entrata del Maschio Angioino. Si narra che quest’ultimo girovagasse nei sotterranei del Castello dove si trovava la prigione e che si cibasse dei prigionieri che venivano rinchiusi al suo interno. Alcuni recenti studi del suo DNA ne hanno confermato l’esistenza e rivelato perfino la sua provenienza.

La leggenda del Maschio Angioino – paginevesuviane.it

Un coccodrillo senza scrupoli

La leggenda sopracitata ruota intorno ai sotterranei del Castello che erano costituiti dalla Fossa del miglio, soprannominata successivamente Fossa del coccodrillo, e la prigione dei Baroni, dove l’allore Re Ferdinando I di Napoli faceva rinchiudere i prigionieri condannati alle pene più severe. Molti di loro però erano soliti scomparire da un giorno all’altro.

Solo dopo molto tempo si scoprì che questi venivano afferrati per una gamba da un coccodrillo tramite un’apertura del sotterraneo dalla quale entrava. Perciò il Re, fatta questa scoperta, decise di far fare la stessa fine a tutti coloro che voleva condannare a morte. Però, quando il sovrano ha cominciato a non ritenere più utili i servizi dell’animale ha ordinato di ucciderlo. La sua carcassa venne poi esposta all’ingresso del Castello.

Un’altra leggenda invece, narra che un coccodrillo impagliato sarebbe stato offerto in dono da un soldato di ritorno dall’Egitto alla Madonna del Parto, a quel tempo situata nella Cappella dell’edificio. E secondo gli studi più recenti questa ipotesi sembrerebbe la più plausibile. Non solo, questi ultimi hanno consentito di identificare il coccodrillo come Crocodylus niloticus, una specie originaria del lago egiziano Nasser. Inoltre l’animale sembra che abbia vissuto nel periodo compreso tra il 1296 e il 1419.